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Sai comunicare i tuoi bisogni? Intervista a Elena Cortinovis

abitudini Aug 15, 2021

Sai comunicare efficacemente i tuoi bisogni? Nel mio ultimo podcast ho avuto l’opportunità di intervistare Elena Cortinovis, educatrice, pedagogista ed esperta di disciplina dolce.

Il motivo per cui ho deciso di invitare Elena sul mio podcast è perché uno degli ostacoli più grandi per noi donne nel prenderci tempo per noi stesse e proteggere i nostri spazi, è proprio quello di non saper comunicare i nostri bisogni, ai nostri figli in primis ma anche alle persone intorno a noi. Elena ci spiega quindi, come la comunicazione empatica possa diventare uno strumento importantissimo per il nostro cambiamento.

Clicca sotto per ascoltare l'intervista ad Elena Cortinovis su The Healthy Busy Life Podcast:

 

La comunicazione non violenta non si applica solo nella pedagogia

Non nasciamo violenti, ma la nostra società ci educa spesso ad una comunicazione violenta. Per comunicazione violenta non intendiamo solo l’insulto o la parolaccia, ma una comunicazione che pretende, giudica, etichetta e impone una gerarchia di bisogni.  

Spesso si tende ad imporre i propri bisogni senza riuscire ad ascoltare l’altro o capirne le intenzioni. Lavorare su questa seconda parte è un elemento fondamentale della comunicazione empatica che, non solo ci aiuta a stabilire una relazione forte con le persone intorno a noi, ma alla fine ci aiuta anche a proteggere quegli spazi di cui abbiamo bisogno e raggiungere i nostri obiettivi.

Supponiamo io voglia allenarmi un’ora e debba comunicarlo al mio bambino (o alle altre persone intorno a me): sono sicura di aver creato il contesto adeguato affinché il mio bambino possa lasciarmi quello spazio? Ho fornito loro un'alternativa, ho organizzato attività che, a seconda dell'età, li tengano impegnati, mentre io mi alleno? Come comunico questo bisogno senza imporlo ed ascoltando anche i bisogni e le esigenze dell’altra parte?

 

Quando l'egocentrismo non ci permette di comunicare efficacemente

I nostri bambini sono estremamente egocentrici, specialmente fino ai tre anni di età. E' naturale che lo siano, per natura e fisiologia. Tuttavia, a volte anche noi lo diventiamo e questo ci porta spesso a fallire nel comunicare efficacemente ciò di cui abbiamo bisogno. Diciamo che io voglia allenarmi ma che imponga questo mio bisogno senza valutare il contesto e le emozioni delle persone intorno a me. Mi spazientisco e divento frustrata quando il mio bambino non riesce ad accettare questo mio bisogno, nonostante alla base lui abbia i suoi motivi, magari perché non mi ha visto tutto il giorno, o è stanco o mi sta comunicando altro.

Il nostro egocentrismo si manifesta in una mancanza di empatia. Questo vale anche nelle nostre relazioni con i/le nostri/e compagni/e ed è solitamente controproducente. Ideale sarebbe osservare la persona che si ha davanti prima di fare una richiesta: la stessa domanda fatta con empatia può avere un esito fortemente migliore. Per quanto riguarda poi i bambini, per una fisiologica immaturità non sono spesso pronti ad accogliere le emozioni  e dobbiamo accettare che questa facoltà cambierà con l’età adeguando ad essa la nostra comunicazione.

 

La motivazione si perde quando gli obiettivi non sono realistici

A quanti invece capita di demotivarsi perché vedono nei propri figli un ostacolo ai propri obiettivi? Capita spesso di sentirsi fallite o incapaci, sia come donne che come genitori, perché i nostri figli non fanno quello che noi vorremmo che loro facessero.  La soluzione è quella di darsi obiettivi realistici: un bambino di due anni non potrà stare tutti i giorni fermo per un'ora mentre noi ci alleniamo. Ma comunicando efficacemente e creando le condizioni giuste, potrebbe comunque permettervi di allenarvi se adeguatamente coinvolto, ovvero se osservato ed ascoltato nei suoi bisogni rispettivamente.

Ma come possiamo comunicare in maniera non violenta ed empatica? Ecco qua tre punti per una comunicazione efficace, che approfondiremo di seguito:

  1. In primo luogo è importante avere consapevolezza dei tuoi bisogni e dei bisogni dell’altro. Quando ho chiaro ciò di cui io ho bisogno e mi impegno a capire quale sia il bisogno della persona che ho davanti, sarà più facile essere empatico nei suoi confronti e a comunicarlo efficacemente.
  2. Non pretendere, non giudicare e non etichettare. Non è possibile dare per scontato e pretendere che l'altro accetti in maniera assoluta quello che io voglio e il mio bisogno.
  3. Cambiare approccio è cruciale: invece di imporre il mio bisogno posso fare una richiesta e coinvolgere l’altro. La comunicazione non violenta il 99% delle volte termina con una domanda. Per esempio, anziché dire al tuo bimbo "Mamma si allena, quindi ora fai il bravo" prova a chiedergli "Mamma si vorrebbe allenare. Ti andrebbe di aiutarmi? Ti andrebbe di farlo insieme a me?". Sarà molto più probabile che ti permetterà di farlo, perché si sentirà coinvolto, messo al centro e quindi più predisposto ad aiutarti. 

Marshall Rosenberg, psicologo statunitense e sostenitore della comunicazione non violenta, diceva che l'uomo nasce non violento e la violenza nasce in lui quando la società gli insegna che per emergere deve schiacciare, che per ottenere deve attaccare e che la scelta debba necessariamente cadere tra difesa e fuga.  Scegliendo una comunicazione non violenta coltivo la speranza (che purtroppo non potrà mai essere certezza) che il seme della non violenza attecchisca facendo di lui un adulto non violento. E magari, con questa educazione, si possa spezzare questa catena di violenza propria della nostra società.

 

La comunicazione non violenta si applica anche alla vita di coppia

Capita spesso di includere sentimenti ed emozioni nella comunicazione solo quando questa è finalizzata a comunicare un disagio. Nella vita di coppia, è indubbiamente più frequente parlare di cosa si prova durante un litigio che in un momento di serenità. Sarebbe invece ideale creare spazi per i propri sentimenti ed emozioni durante una comunicazione positiva, in cui si esprimano i propri reciproci bisogni, che possa stimolare la comunicazione non violenta e aprire ad una nuova conoscenza dell’altro.

 

Questo è un percorso in cui si sbaglia e si impara

Adottare questo metodo di comunicazione non è semplice, quindi preparati a sbagliare ed imparare.  Capiterà di sentirsi non comprese, sciocche, non ascoltate. Proprio a quel punto bisogna non mollare perché i risultati di una comunicazione non violenta raramente arrivano nell’immediato e soprattutto, contano su una reciprocità ben complessa da innestare.  

 

Imparare ad ascoltare gli altri è la chiave di tutto

L’ascolto dell'altra persona è fondamentale. Così come noi siamo portatori di bisogni, di emozioni e di sentimenti anche la persona davanti a noi ha le stesse esigenze.  Non fermiamoci ad ascoltare noi stessi: andiamo oltre imparando ad ascoltare anche gli altri. Indubbiamente, sarà molto più facile ascoltare gli altri se le vostre frasi termineranno con una domanda. In questo modo si invoglia l'altra parte ad aprirsi. Qualche volta andrà bene, altre volte l’altro resterà chiuso in sé stesso. Non bisogna però dimenticare che, a prescindere dal risultato, questo è un lavoro che noi facciamo su noi stessi senza pretendere che gli altri lo debbano fare per forza a loro volta.

 

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