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genitorialità, self-care, gioco autonomo

Selfcare: recuperare tempo per noi con il gioco autonomo

abitudini mindset Jan 03, 2022

Quante volte ti sarà capitato di provare a prenderti del tempo per te stessa e venire interrotta dai tuoi bambini? Quante volte hai rinunciato in partenza, per non lasciare spazio ai sensi di colpa del non sentirti una brava madre se ti fossi presa tempo per te stessa ridimensionando quello dedicato ai tuoi figli?

Da genitori facciamo molta difficoltà a creare i nostri spazi, quelli che magari ci servono per il nostro self-care o per la nostra crescita personale. Per affrontare questa problematica ho ospitato nell’ultimo episodio del podcast, Silvia, Mamma Superhero che ci lascia consigli utili sulla genitorialità e pillole per sperimentare la tecnica del gioco autonomo, che ci aiuta a ridefinire spazi e bisogni per noi e per i nostri bambini.

Nell’articolo che segue, ho riordinato per te i punti chiave della nostra chiacchierata. Se invece vuoi conoscere Silvia, Mamma Superhero ed ascoltare i suoi consigli di Parenting nella mia intervista clicca qui in basso.

 

La filosofia del Respectful Parenting

Silvia si occupa di coaching e respectful parenting – genitorialità rispettosa - secondo la filosofia di Magda Gerber. La sua missione è alleggerire la fatica di crescere i figli e condividere strategie e metodi per attuare questa semplificazione e cambiare mentalità ed approccio nella genitorialità. Se vuoi scoprire di più, e dare un’occhiata all’universo di Silvia, clicca qui!

 

Perché facciamo fatica a creare i nostri spazi

Indubbiamente, non è ottimale aspettare che i nostri figli siano cresciuti per potere finalmente creare i nostri spazi e magari dedicarci a noi stesse e alla nostra crescita personale. Piuttosto, possiamo provare a creare e proteggere spazi per noi stesse anche quando i bambini sono molto piccoli, ricordandoci che, anche da genitori, non possiamo completamente trascurare noi stessi.

Silvia ci racconta che, prima di tutto, è necessario un buon lavoro di mindset in quanto il primo problema è superare il pensiero limitante per cui un bravo genitore è solo quello sempre presente. Questa credenza, frutto di una certa cultura ed educazione con cui magari siamo cresciuti, sfrutta il nostro senso di colpa per spingerci a credere che se troviamo tempo per noi fuori dal ruolo di genitore stiamo “arrecando un danno”, o facendo mancare qualcosa ai nostri figli. Da questa, si originano forti emozioni negativi, come insoddisfazione e frustrazione che a loro volta hanno un impatto sul rapporto tra genitore e figli.

Il primo grande lavoro è quindi comprendere che genitore e bambino non sono la stessa persona, ma due persone diverse con bisogni diversi. E tra questi, non c’è una scala di importanza.

 

Reinterpretare i segnali ed il gioco autonomo

Il bambino non è così bisognoso come siamo abituati a pensare e il pianto è, tra le altre cose, un modo per comunicare. Quando il bambino piange e comunica i suoi bisogni il genitore non è tenuto a fiondarsi ma ad assicurarsi che i bisogni siano soddisfatti. A quel punto, il genitore può scegliere di limitare o ritardare le attenzioni, perché il bambino impari da subito a riconoscere gli spazi dell’adulto – nel limite del ragionevole.

Su questo principio si basa il gioco autonomo per i bambini un po’ più grandi: il genitore predispone un’attività per il bambino in cui esso non necessita di essere seguito e delimita quindi uno spazio indipendente per entrambi.

È fondamentale limitare le aspettative: il gioco autonomo, così come questa creazione di “spazi” non avviene dall’oggi al domani, ma sono vere e proprie abitudini che necessitano di tempo e ripetizione per essere instaurate. Praticando il gioco autonomo per la prima volta, è impensabile aspettarsi mezz’ora di tempo senza interruzioni. Piuttosto, si tratta di una routine su cui lavorare in modo graduale ed incrementale, con pazienza e perseveranza.

 

La giusta carica emotiva

Capita spesso di dedicare “attenzione negativa” ai bambini. Ovvero, ci accorgiamo di loro, li guardiamo negli occhi o gli diamo attenzioni nel momento in cui dobbiamo magari rimproverarli o fare delle richieste. Sono invece le “attenzioni positive”, come per esempio dieci minuti di attenzione assoluta durante un momento di gioco, che regalano al bambino la giusta carica emotiva per potersi dedicare ad una attività in autonomia.

Per questo, se vogliamo utilizzare il gioco autonomo come modo per ritagliarci del tempo per le nostre attività, è bene pianificare almeno dieci minuti di tempo prima di quel momento da dedicare ad una attività da svolgere con nostro figlio. Dieci minuti di gioco, a scelta del bambino, sono sufficienti perché questi si senta riconosciute sufficienti attenzioni, si ricarichi emotivamente e abbia le “risorse” per svolgere subito dopo un’attività, o un gioco, che non lo coinvolga direttamente.

 

Sei elementi essenziali per il gioco autonomo

Grazie a Silvia scopriamo quali sono i sei elementi essenziali per il gioco autonomo – ed ecco il link per scaricare la relativa guida.

  1. Il genitore deve porsi come leader sicuro

L’incertezza e la mancanza di assertività sono percepite dai bambini e quindi impediscono il compromesso sul quale si basa la tecnica del gioco autonomo. E lo stesso vale per le promesse che non vengono mantenute o le minacce “se non fai x, non otterrai y”. Prendere posizione in maniera decisa e sincera, ed incoraggiare i bambini a svolgere l’attività in autonomia è un passo fondamentale.

  1. Bisogna creare lo spazio giusto

Affinché il bambino possa giocare autonomamente deve potersi trovare in uno spazio dove è libero di muoversi, di toccare e di sperimentare. Uno spazio adatto alle sue esigenze e alla creatività.

  1. Il gioco deve essere “aperto”

Al bando i videogiochi che hanno un effetto anestetizzante sul cervello e vincolano la fantasia. Sì ai giochi destrutturati, come costruzioni, tessere, bambole, veicoli o comunque tutti quei giochi e giocattoli che spingono il bambino a creare e che lo terranno impegnato sempre più a lungo con l’età e l’abitudine.

  1. Non correggere mai il gioco

Non c'è – e non deve esserci - un modo giusto e un modo sbagliato di giocare. Insegnando ai bambini il “modo” in cui giocare penseranno di non poterlo fare in autonomia, si sentiranno insicuri e riterranno quindi di avere sempre bisogno di noi per giocare.

  1. Coltivare l'autostima durante il gioco

Non intervenendo, ma magari limitandoci a fare la “telecronaca” del gioco, come spiega la Gerber, lasciamo il posto da regista e protagonista al bambino e lo aiutiamo a sentirsi sicuro di sé

  1. Rispondere alle crisi

Se il bambino non fosse abituato a giocare in autonomia potrebbe avere delle crisi di pianto, seguirti disperato ecc. E ciò fa parte del suo diritto di esprimerti, mentre tu, come genitore, hai il diritto di riprovare il giorno dopo accettando con dolcezza le sue emozioni ma provando comunque a stabilire limiti chiari.

 

Una pillola di saggezza da Silvia

Prima di essere un coach, anche Silvia è una imprenditrice e mamma super impegnata. Quindi le ho chiesto di condividere un consiglio generale per le mamme, ed ho quindi deciso di riportare qui la sua bellissima risposta:

 “Cara Mamma, non vinci nessun premio se fai tutto da sola. Nessuno ti darà una medaglia, nessuno ti darà una coppa o ti dirà “brava, ce l’hai fatta senza chiedere aiuto a nessuno”.  

Noi mamme siamo piuttosto convinte di dovercela fare da sole, che chiedere aiuto ci renda deboli o incapaci e che se chiediamo aiuto siamo “inadeguate”. Io personalmente ho beneficiato, e beneficio, dell'aiuto di tutti. Perché il mito da sfatare è che i figli siano solo i miei.

I figli non sono di mia proprietà e non li possiedo, ma sono persone che stanno crescendo e che, per crescere bene, hanno bisogno di tutti intorno a loro. Perché ognuno contribuisce, aggiunge valore e nuove prospettive alla loro crescita, alla loro personalità e al modo in cui risolvono i problemi.  

Ostinarti a fare tutto da sola, e non appoggiarti su alcun sistema di supporto, è una perdita per te e per i tuoi figli.

E riflettevo, su quanto questa frase fosse vera oltre la genitorialità: tutti abbiamo bisogno di altre persone e di un sistema di supporto - che può essere la nostra famiglia, i nostri amici o un sistema di supporto esterno come una Community - per essere equilibrate e come individui.

E mi sembra che molto di quello che abbiamo imparato sui nostri bambini, sia applicabile anche a noi adulti: il bisogno di chiarezza su cosa bisogna fare in un dato momento, l’importanza dei nostri bisogni e la giusta carica emotiva prima di ogni attività sono alla base della nostra produttività, e te ne parlo ampiamente nel mio corso Productivity Evolution, che ti lascio a questo link!

 

 

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